29/03/11

Il gioiellino

Andrea Molaioli giunge alla sua opera seconda, facendo nuovamente affidamento all'attore italiano di riferimento di questi ultimi anni, ovvero Toni Servillo, che a ben vedere ricalca, seppur molto lontanamente, il personaggio de Le conseguenze dell'amore, nel senso della solitudine umana di cui si fa incarnazione la sua figura di professionista dei numeri e dei bilanci.
E' come se inevitabilmente per Molaioli, il suo cinema debba essere confrontato e ravvicinato a quello di Sorrentino per il semplice utilizzo dello stesso attore feticcio, nonostante divergenze stilistiche e di scrittura evidenti, ma è il prezzo da pagare nell'impiego di un attore di carattere e di razza come Servillo, sorta di garanzia per il cinema nostrano per garantirsi un minimo di attenzione e considerazione e anche di eventuale aura di autorialità.
Ad ogni modo Molaioli, come si diceva sopra, ha un suo stile e le considerazioni pregresse sono solo superficiali ed istantanee impressioni, quali riflessi di immagini che hanno ormai impressionato la nostra retina di spettatori e dovendo ragionare su Il gioiellino, ne emerge che esso è la storia in trasparenza del ben noto Crack Parmalat e ha il pregio di riuscire a raccontare e spiegare aspetti economicamente e fiscalmente complessi con la dovuta semplicità, ovvero riesce a rendere comprensibili numeri e azzardi finanziari che solitamente troverebbero spazio e spiegazioni sulle pagine economiche di quotidiani o libri del settore. Questo grazie ad un lavoro di scrittura basato sull'umanità di cui è composta prima di tutto un'azienda, facendone emergere gli aspetti meschini e deteriori.
Quello che interessa e si apprezza è l'evoluzione appunto umana dei protagonisti della vicenda, il modo in cui emergono con il procedere del racconto, aspetti che riescono a farne risaltare una maggiore personalità, non appiattita su un puro e semplice macchiettismo, al punto da riconsiderarne le motivazioni di fondo e le apparenze iniziali dei vari personaggi della vicenda, sino ad un finale di una certa amarezza e rimpianto per il suo, forse vero, protagonista.
L'ambientazione provinciale nella città piemontese di Acqui Terme e guarda caso nella sede dell'ex tribunale della città stessa, costituiscono scelte appropriate nel rendere, da una parte l'idea della provincia e del provincialismo, con i suoi sogni di gloria che si tramutano in meschine aspirazioni di potere e decoro cittadino, dall'altro il luogo deputato all'amministrazione della giustizia, quale sede, paradossalmente, di un'ingiustizia finanziaria ed economica per coloro che ne hanno subito le conseguenze, attraverso ribaltamenti di fronte e voltafaccia da parte di quei poteri che avrebbero inizialmente sostenuto l'operazione industriale.
I riferimenti alla realtà politica nazionale sono evidenti e spesso smaccati, ma aiutano a riconoscere ed immedesimarsi in una vicenda dai colori oscuri, a differenza del candore della materia prima che aveva sostenuto una delle nostre principali industrie e che ora sembra inevitabilmente destinata ad un'ulteriore scalata finanziaria, come per tante altre nostre compagini nazionali e operazioni finanziarie in agguato per noi meno accorti ed esperti risparmiatori.

2 commenti:

persogiàdisuo ha detto...

Non è il semplice utilizzo di Servillo ad avvicinare Molaioli a Sorrentino: i due condividono molti più elementi: i produttori (la Indigo films di Nicola Giuliano), lo stesso direttore della fotografia Luca Bigazzi, la musica di Teho Teardo, la scenografa/arredatrice Alessandra Mura, il montaggio c'è Giorgio Franchini...insomma se non tutto, quasi..ed entrambi con risultati molto positivi.

Pereira ha detto...

Giusto giusto, diciamo che la mia considerazione, molto istintiva e superficiale era dettata dalla presenza subito evidente di Servillo. Effettivamente Bigazzi e Teardo sono altre due figure emblematiche e sempre più presenti, anche nel cinema italiano in generale.
Ad ogni modo non volevo sminuire il lavoro di Molaioli, che sinora ho trovato gradevole e interessante... :)